“Troppe riflessioni non giovano”
Alma vive in campagna, dirige, insieme al marito, un’azienda agricola di medie dimensioni.
- Sono nonna di quattro nipotini -.
La sua voce è serena, gradevole, parla un dialetto del Nord:
- E adesso vorresti sapere da me qualcosa sull’educazione dei bambini, ragazzo mio? -.
- Sono una donna semplice, che cosa ti devo dire? -.
Si alza in piedi, si dirige verso una madia, ne estrae due bicchieri e un liquore fatto in casa, poi prende a raccontare della sua infanzia, dei suoi genitori, “poveri contadini”, dei suoi sei fratelli “ora tutte persone importanti”, della scuola, – il lavoro nei campi veniva prima della frequenza scolastica -, della sua educazione tra le mura della fattoria.
- Dura - afferma - dura, ma giusta -.
Lei doveva lavorare, mi spiega, bisognava guadagnarsi tutto. Alma riflette: - Non so se i bambini di oggi se la passano meglio -.
Le chiedo che cosa intenda.
- Penso - afferma - che si sentano persi. Hanno tutto e non sanno più stare al posto loro. Anche i miei nipoti hanno tutto, una caterva di giocattoli e di vestiti. Tutto. Sono anche troppo viziati e sfacciati: “Nonna, se da te non possiamo guardare la televisione, non veniamo”.
- Cose del genere noi non avremmo nemmeno osato pensarle… - la sua voce si fa più acuta, l’indice della mano destra in alto, - altrimenti avremmo preso dei bei manrovesci -.
Alma beve un sorso di liquore: – Brucia un pò, ma è meglio di una medicina -.
Le chiedo quali pensa siano le differenze tra l’educazione di ieri e di oggi. E la risposta arriva immediata:
- Le mamme di oggi non vogliono assolutamente fare errori. Mia nuora, per esempio: per lei deve essere tutto perfetto, sostiene che altrimenti il bambino ne risente. Ai miei tempi io non potevo certo starci a rimuginare su. Dovevo fare tutto in fretta. Spesso i miei figli erano lasciati a se stessi. E sono venuti su bene tutti e due -.
Riflette un secondo: – Non so se lo posso dire, ma quando si ha troppo tempo per i figli… – si interrompe, mi osserva con aria interrogativa, – sarà poi vero? -.
Versa il liquore a entrambi: – E’ buono, vero? Ti voglio dire una cosa, ragazzo mio! Quando Kurt, mio figlio minore faceva l’impertinente, mi rispondeva male e cose del genere, si buscava tre sculaccioni sul sedere. Non gli ho mai dato schiaffi o botte in testa, ho sentito che rendono stupidi. Bastavano tre sculaccioni – fa il gesto con la mano – e tornava tutto a posto. Sai, davvero, qualche volta ho l’impressione che ne abbia nostalgia. Già, già. -
Abbassa lo sguardo, per un istante sembra pensosa: – Lo sai, se oggi osservo Inge, mia nuora, che, quando il piccolo ha un attacco di rabbia, parla e parla. E dopo tanto parlare alza sempre di più la voce, finchè non urla e, alla fine, anche lei lo picchia. Poi, tutti e due si mettono a piangere, il bambino e la madre…allora penso che poteva farla più facile. Così rischia l’esaurimento nervoso. – Mi guarda: – Non dici niente? E’ tanto brutto quello che dico? -.
Agguanta il bicchiere: – Alla salute! -.
Jan-Uwe Rogge “Quando dire no“
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