(DIRE – Notiziario Sanità) Roma, 24 giu. – Una fiaba e’ un racconto delle meraviglie, dove il naturale terreno e il soprannaturale si intersecano senza difficolta’ e cesure: uomini, animali, incanto e incantato, re e figure fantastiche, tutti insieme nel medesimo universo. E lo svolgimento conduce a risultati che contrastano con la realta’ quotidiana del narratore. È la definizione che si legge nel ‘Dizionario delle fiabe e delle favole’ scritto da un gruppo di ricercatori danesi, ripresa da Robert Mercurio, socio analista, segretario della sede romana dell’Associazione per la ricerca della psicologia analitica (Arpa) al seminario dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) su ‘L’interpretazione della fiaba. Alla ricerca di una radiografia della psiche archetipica’, in corso nella Capitale.
Perche’ le fiabe interessano il mondo della psicologia? Contengono simboli e “il simbolo per Jung non solo comunica un’idea del processo, ma consente di rivivere il processo stesso, la cui ambiguita’ puo’ essere compresa solo mediante un’empatia inoffensiva e mai tramite il grossolano intervento della chiarezza”. Una persona puo’ vivere in un certo momento della sua vita “un’intrusione da parte dell’inconscio, un abbassamento del livello della coscienza che permette, attraverso un sogno o altro, di far entrare qualcosa che mette in moto un processo”. Questo ‘altro’ puo’ essere “la fiaba che- precisa Mercurio- e’ una compensazione di cio’ che manca nel collettivo”.
Il fondatore della sede romana dell’Arpa riprende l’immagine del filatoio, ricorrente nelle fiabe, per descrivere l’uomo. “Il racconto e’ un filare. Gli uomini sono caratterizzati dalla necessita’ di raccontare, che non e’ solo uno sfogo ma un prendere la materia prima della vita e cercare di intravedere una direzione, la spinta individuativa”. Filare e’ quindi un modo per unire passato e presente. “Le fiabe spesso iniziano ‘Quando le fate erano sulla terra’- ricorda lo psicoteraputa- facendo immaginare un periodo d’oro nel passato. Ma non basta il filo, gli esseri umani cercano le interconnessioni, la rete di senso”.
SEGRETI, TEMPI, NUMERI E COLORI- Indovinelli, segreti violati, divieti, fuga, colori, aiuto, ritmo, tempi diversi, numeri, sono tutti elementi ricorrenti nelle fiabe. “Il tempo e’ connesso con il filare, come se il vero ritmo della vita fosse stabilito dal se’ e- cita ad esempio il relatore- i sintomi nevrotici dipendessero dall’incapacita’, impossibilita’, di seguire questo ritmo”. Spesso i colori delle fiabe sono il verde e il nero: “Il verde indica l’equilibrio della coscienza, l’unione di blu e giallo, la vita vegetale, la clorofilla, e il nero e’ il colore dell’inconscio. L’unione invece del rosso e del verde indica l’incontro tra introversione ed estroversione”.
IL TERAPEUTA TRA I FILI- “Il modo di raccontare le cose e’ molto importante. Nella ricerca si puo’ esagerare, ci si puo’ fermare, il nostro lavoro e’ ascoltare e aiutare il paziente mentre elabora il proprio racconto in un modo autentico, genuino e accettabile per l’inconscio. Se i pazienti esagerano- sottolinea Mercurio- o prendono un filo falso per vero, o se il filo e’ pieno di nodi noi dobbiamo tornare a quel filo e trasformarlo davvero nell’asse Io-Se’”.
LA BELLA ADDORMENTATA NEL BOSCO – Nella versione dei fratelli Grimm viene introdotto il motivo della rana, “animale la cui pelle e’ tutta un organo di senso, e dei 12 piatti. Lavorare con le fiabe vuol dire stare attenti ai numeri- chiosa l’esperto- il re invita 12 fate su 13 perche’ ha solo 12 piatti d’oro. ’12′ e’ un numero di completezza (come i 12 apostoli, i 12 mesi dell’anno, i 12 segni dello zodiaco). Andare oltre il 12 vuol dire infrangere un tabu’: il 13 che porta sventura. Questo indica che ne ‘La bella addormentata’ il problema del Re e’ impedire che l’enigma entri nella realta’. Vuole che sua figlia rimanga perfetta- afferma l’analista- sempre comprensibile alla coscienza e mai paradosso”.
NELLE FIABE NULLA È STRANO – “Nelle fiabe nulla e’ strano, nelle leggende e saghe si’. Perche’ la fiaba e’ talmente archetipica che il protagonista non deve corrispondere a un Io, ma alla spinta archetipica a produrre un Io. Non ci si identifica con l’eroe. Le fiabe inoltre sono vive, mobili e modificabili proprio per raccontarle in base alle esigenze moderne”.
I GEMELLI – I gemelli sono un altro motivo ricorrente. “Alcune societa’ primitive li uccidevano, perche’ confondono il principio di ordine interno. In altre erano divini, e in altre ancora ne uccidevano uno per renderne l’altro speciale. I gemelli sono una contraddizione umana, luce e ombra. Guaritori o salvatori.
Rappresentano la dimensione bipolare dell’archetipo”.
LA BICICLETTA, UN ATTEGGIAMENTO PONTE – Se la caratteristica fondamentale dell’essere umano e’ l’essere homo narrans, si pone la domanda se l’analisi sia una questione artistica o scientifica. Mercurio per rispondere prende in prestito l’immagine della bicicletta, un atteggiamento ponte: “La ruota davanti indica la quotidianita’, la ruota di dietro il senso archetipico che si dispiega senza che ce ne rendiamo conto. La ruota davanti e’ il presente, la teoria di riferimento che usiamo, quella di dietro il passato, la dimensione archetipica, cio’ che rende la psiche misteriosa. La parte centrale della bicicletta e’ la dimensione simbolica, quella che ci permette di tenere e vivere insieme queste due ruote. È la funzione trascendente dentro di noi”.
Lo stesso accade nel cervello: “Abbiamo una mente bicamerale, una bilateralita’ tenuta insieme dal corpo calloso che fortunatamente ci permette di unire le due parti. Il corpo calloso e’ l’equivalente fisico della funzione trascendente. La dimensione centrale e’ quindi quella simbolica, e il contrario del simbolico e’ il concretistico (non il concreto che e’ compreso nel simbolico)”. Mercurio conclude chiedendo: “Perche’ questo contrasto tra simbolico e fisico? Le fiabe sono piene di simboli, che ci permettono di accedere alle verita’”.
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