(DIRE-Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 22 mar. – Le emozioni primarie sono innate e distinte dalle secondarie perche’ slegate dal contesto sociale e culturale di appartenenza. Lo psicologo statunitense Paul Ekman individua sette emozioni primarie: gioia, tristezza, rabbia, disgusto, paura, sorpresa e disprezzo. A queste, Daniel Goleman (nel libro ‘Intelligenza emotiva’) ne aggiunge un’altra: l’amore.
Le emozioni primarie sono comuni a tutti gli esseri umani e condivise anche con molte specie animali. Le emozioni secondarie, al contrario, differiscono nelle diverse culture ed e’ veramente difficile classificarle in modo univoco. Per Damasio (neurobiologo) sono: imbarazzo, gelosia, colpa, orgoglio. Ekman aggiunge: invidia, ansia, speranza, compassione, rassegnazione, nostalgia, indignazione, rimorso, delusione.
Ma cos’e’ l’emozione? La radice etimologica deriva dal latino “emove’re” (ex= fuori + movere= muovere) letteralmente portare fuori, smuovere, in senso piu’ lato, scuotere, agitare. “Perche’ le emozioni primarie ci spingono verso un’azione, ed hanno la funzione principale di proteggerci dai pericoli e condividere i nostri vissuti con l’esterno”, spiega alla DIRE Sergio Stagnitta, psicologo psicoterapeuta e blogger (www.sergiostagnitta.it), responsabile area blog del sito dell’Ordine degli Psicologi del Lazio. “Per raggiungere questi obiettivi le emozioni ci aiutano a preparare fisiologicamente il corpo. Ad esempio, se avverto un pericolo, una delle reazioni piu’ utili e’ quella di fuggire e cosi’, grazie alla paura, il corpo si predispone aumentando il flusso sanguigno verso i grandi muscoli scheletrici e, contemporaneamente, scatenando un flusso di ormoni che mette l’organismo in uno stato generale di allerta”.
- Cosa agisce sulle emozioni primarie? “In natura le emozioni primarie funzionano bene- risponde il blogger- il problema non e’ quindi negli animali, semmai negli essere umani. Con il discorso della coscienza e della costruzione culturale (compresa l’evoluzione tecnologica che ha accresciuto il senso di disorientamento) le emozioni acquistano una valenza diversa. Il rischio che si corre oggi, a livello patologico, e’ che le emozioni si attivino laddove non servano, sganciandosi completamente dalla dimensione biologica: aver paura di qualcosa che non fa paura. Le fobie, ad esempio, nascono proprio da questo scollamento dalla dimensione biologica”.
- A che servono le emozioni? “Per rispondere cito un libro molto interessante di Goleman intitolato ‘Intelligenza emotiva’. L’autore sostiene che l’emozione e’ uno strumento fondamentale per entrare in contatto con la realta’, per conoscerla, e’ appunto una forma di intelligenza. Il primo a dirlo fu Darwin, che capovolse la credenza dominante che riteneva le emozioni nocive, una sorta di nebbia che ci confonde. Anticamente l’emozione era vista come una reazione dell’organismo da controllare e inibire il piu’ possibile. Il biologo e naturalista britannico ribadi’ al contrario la loro funzione fondamentale: ci aiutano a sopravvivere e a capire i fatti della realta’. Ecco perche’ oggi possiamo parlare di intelligenza emotiva- afferma Stagnitta- ovvero della possibilita’ di entrare in contatto con la realta’ non solo cognitivamente, ma sentendo le emozioni di quel momento. Pensiamo anche al famoso principio che ci invita ad ascoltarsi con la pancia; come si dice con il cuore e non solo con la ragione!”.
- Come si regolano le emozioni? “Le emozioni si conoscono e si possono regolare grazie alla relazione con gli altri, in particolare con i propri genitori, visto che passiamo gran parte della nostra infanzia con loro. Il genitore ha la possibilita’ di aiutare a costruire nel bambino una regolazione emotiva.
Esemplare e’ la reazione di un bimbo piccolissimo dopo una caduta. La prima cosa che fara’ e’ osservare il volto della madre: se apparira’ terrorizzato il piccolo piangera’, se sara’ consolante si spaventera’ un po’ di meno”.
- L’emozione allora e’ vera o acquisita? “Il bambino cadendo si sta facendo male e prova paura o rabbia, avverte un disagio. Quanta paura e quanta rabbia dovra’ provare, glielo comunichera’ la madre regolando la sua componente emotiva. In questo modo- spiega lo psicologo- il piccolo acquisisce competenze. E come se il bambino dicesse: ‘Mamma dimmi cosa devo provare in questo momento?’. Nel lavoro terapeutico succede qualcosa di simile: il terapeuta accoglie e ascolta il disagio della persona, avendo anche la funzione di ‘regolatore delle emozioni’, aiutandola quindi a raccontare i propri vissuti piuttosto che agirli”.
- Quale emozione e’ legata alle fasi di rinascita? “La tristezza- conferma Stagnitta- a livello biologico questa emozione rallenta il corpo, abbassa l’intensita’ e l’eccitazione. In un momento di disagio/lutto/separazione la prima reazione impulsiva che assale la persona e’ l’agire; non pensare, provando, spesso, solo un forte sentimento di rabbia. La tristezza, invece, ci aiuta a fermarci un attimo, a stare maggiormente in contatto con cio’ che stiamo vivendo e magari ci permette di chiedere efficacemente aiuto agli altri. I momenti di crisi possono essere fonte di grande creativita’, bisogna pero’ lasciarsi pervadere dai vissuti anche negativi, senza farsi intrappolare da essi- conclude- e cosi’ provare l’esperienza simbolica, a volte anche molto reale, di rinascere”.
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