(DIRE – Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 14 nov. – Cosa sono le emozioni? Come influiscono sull’apprendimento? A queste e altre domande ha risposto in modo esaustivo Daniela Lucangeli, docente di Psicologia dello sviluppo presso l’Universita’ degli Studi di Padova, durante l’undicesima edizione del Convegno Erickson ‘La Qualita’ dell’inclusione scolastica e sociale’.
“Dobbiamo andare verso un ‘apprendimento caldo’. Se si vuole che i bambini imparino ottenendo il meglio da se’, e’ importante ritornare a insegnare con il sorriso”, ha spiegato Lucangeli, esperta di psicologia dell’apprendimento. Tra i punti toccati dalla docente anche quello relativo al ruolo degli insegnanti nel processo di crescita e apprendimento degli studenti. Alla domanda su quale sia l’insegnante che ottiene il migliore apprendimento dai suoi allievi, Lucangeli ha cosi’ risposto: “Quello che trasmette maggiore allegria. Le emozioni, infatti, hanno un ruolo molto importante nella qualita’ dell’apprendimento degli alunni. Questo principio, noto agli insegnanti da secoli di osservazione, e’ oggi suffragato dalle scoperte delle neuroscienze, che non molto tempo fa hanno dimostrato l’esistenza di una connessione neurale tra sistemi emotivi e sistemi cognitivi”.
Come piu’ volte sottolineato dalla professoressa Lucangeli nei suoi interventi e pubblicazioni, “l’intelligenza funziona al meglio quando si e’ felici. L’insegnante ha un compito non facile in questo senso: non deve far ridere, ma essere mediatore di benessere nell’apprendimento di cose complesse. Deve cercare di esprimere emozioni calde, le cosiddette ‘warm cognitions’. Il centro studi Erickson ha quindi proposto cinque domande a Daniela Lucangeli per capire cosa sono le emozioni e come influiscono sull’apprendimento e come usarle nell’educazione.
Professoressa Lucangeli, come si possono descrivere le emozioni? “Sono stati mentali e fisiologici che agiscono e condizionano le persone. Sono associati a modificazioni psicofisiologiche per stimoli interni – battito cardiaco, salivazione, temperatura, rossore – ed esterni – pensieri, rumori o altro che generano paura o ansia e possono venire perche’ sono caratteristiche dell’indole delle persone ma possono anche essere state apprese. Quindi fanno parte della memoria, come la lingua che si parla, come gli studi che si fanno a scuola. Il dolore ad esempio nasce per avvertirci di un fattore di rischio, la sofferenza e` invece la memoria del dolore sia a livello psichico che cellulare”.Ma queste emozioni come possono bloccarci? “Succede che, a un certo punto, anziche’ funzionare da circuito di aiuto, le emozioni vanno in cortocircuito disfunzionale. Cioe’ diventano elementi che non ci consentono di funzionare bene. Avviene quello che noi chiamiamo il cortocircuito emozionale: le emozioni generano una sofferenza tale per cui si entra in un rischio e ci si blocca.
Cosi` molti dei disturbi del comportamento e dell’umore nascono da emozioni che generano forte sofferenza non identificata bene dal contesto educativo”.
Quali sono le emozioni peggiori? “A livello cognitivo la noia. A livello emotivo la colpa e la paura. Parto dalla piu’ facile: la paura. Io provo paura quando il mio cervello percepisce un rischio. Se la paura e’ tremenda, la colpa ancor di piu’. Il meccanismo di colpa nasce perche’ chi giudica attribuisce a chi e’ giudicato l’unica responsabilita’ dell’errore. Educare attraverso l’emozione della colpa e’ molto rischioso perche’ manda sempre in cortocircuito e se io ricevo un atteggiamento in cui e’ sempre colpa mia, crescendo faro’ in modo che sia sempre colpa tua”. E quindi gli educatori cosa devono fare? “Una via di uscita ce la indica Malka Margalit dell’Accademia delle Scienze che ha trovato delle emozioni antagoniste: alla noia la gioia, l’allegria, il provare che piace fare una cosa. Alla paura si contrappone l’incoraggiamento. Cioe’ un atteggiamento che riconosce l’errore, ma propone una via d’uscita e ti incoraggia a uscire dall’errore e ad analizzare la situazione. Gli educatori, per aiutare i loro ragazzi, devono lavorare sulla sofferenza, perche’ alla memoria del dolore bisogna rispondere cambiando l’atteggiamento che lo ha determinato. Dobbiamo applicare quella che e’ l’alleanza educativa. Dobbiamo aiutare i nostri figli/alunni a togliere gli errori, a non giudicarli, a non determinare loro sofferenze e trovare insieme una strategia migliore per aiutarli. L’errore non e’ un giudizio, e’ una fatica che si toglie insieme a chi e’ li’ per aiutarti: sappiamo tutti che il nemico e’ l’errore, non la maestra, non i genitori”.
Riassumendo, se gli educatori e i genitori riuscissero a essere abbastanza allegri, gioiosi, sorridenti e incoraggianti determinerebbero una “guarigione”. Ma come si fa? “L’atteggiamento e’ di riconoscere nell’altro la sacralita’ del suo mondo, cosi`per un bambino la sua personalita’ va conosciuta, modificata, non sostituita. Va poi riacquistato il principio del diritto di sbagliare, che non e` solo dei nostri figli, ma anche nostro. Imparare a chiedere scusa, un modo per aiutare a liberare dal senso di colpa, e a discernere nel modo giusto. Allearsi – genitori/figli e insegnati/allievi contro l’errore. Promuovere un ottimismo prospettico: noi siamo stati educati all’idea che e’ difficile modificare le cose che non vanno. Per modificare l’atteggiamento emotivo, non si puo’ far a meno di reimparare le emozioni warm, calde, perche’ sono le chiavi di accesso all’anima, alla persona viva e profonda”.
http://www.dire.it/newsletter/psicologia/anno/2017/novembre/14/?news=07