1. Lo sviluppo dell’intenzione comunicativa
Fin dalla nascita il bambino sembra essere predisposto a rispondere agli stimoli sociali ed è attivo nel produrre una serie di comportamenti che hanno un effetto sui suoi interlocutori, ma durante le prime settimane e mesi di vita non è ancora consapevole dell’intenzione comunicativa che possono avere le proprie azioni.
Il pianto, la capacità di reagire a stimoli nuovi, di attivarsi emotivamente e fisicamente, sono inizialmente l’espressione di bisogni primari, ai quali gli adulti, in particolare la madre, tendono spontaneamente ad attribuire un significato (“Perché piangi? Hai fame?”, “Cosa guardi? Ti Piace la palla?”).
La capacità dell’adulto di rispondere ai bisogni del bambino permette che si sviluppi un’ intenzione comunicativa. Si prendano come esempio le diverse forme di pianto nel neonato, in generale esse hanno inizialmente la funzione di segnalare lo stato psicofisico del bambino. Nelle prime settimane e mesi di vita, quindi, il neonato non utilizza ancora il pianto con funzione comunicativa, ma solo dopo aver sperimentato ripetutamente la reazione dell’ambiente circostante ai segnali inviati, impara che il proprio comportamento contribuisce anche ad attivare il mondo esterno.
Il pianto, il sorriso, lo sguardo, l’afferrare gli oggetti, diventano allora anche azioni attraverso le quali condividere con l’adulto momenti significativi. La preferenza per il volto, l’odore, i sorrisi e gli sguardi materni portano il bambino ad impegnarsi attivamente in sequenze diadiche nelle quali ciò che conta non è tanto il significato delle parole, ma la tonalità affettiva che viene trasmessa e la possibilità di entrare in una relazione diretta di tipo espressivo, emotivo e corporeo con la persona che si prende cura di lui. Questi scambi sono caratterizzati da reciprocità emotiva, sincronia, coordinazione e alternanza di turni e gettano le basi per il futuro sviluppo comunicativo. È all’interno di queste interazioni che è possibile osservare da parte del bambino l’utilizzo delle prime combinazioni sillabiche, che si inseriscono in risposta al genitore tra un turno e l’altro della conversazione.
2. Dalla comunicazione diadica a quella triadica.
Con il passare del tempo, lo sviluppo delle competenze cognitive, affettive e motorie permettono al bambino di impegnarsi in una forma di comunicazione che include non solo l’altro, ma anche una terza persona o oggetto di interesse condiviso.
La comunicazione non è più esclusivamente diadica, ma passa attraverso la condivisione dell’oggetto. Il bambino è attratto dagli stimoli presenti nel mondo esterno, è curioso, attivo, risponde ed esplora gli oggetti con le mani e portandoli alla bocca.
Condividere gli oggetti, giocare insieme, diventano lo strumento fondamentale di scambio tra adulto e bambino. In questo periodo è possibile osservare come il bambino si impegni in azioni strumentali quali sbattere il giocattolo, usarlo, buttarlo a terra e seguirlo con lo sguardo. L’attenzione condivisa è la capacità che consente al bambino, una volta acquisita, di seguire con lo sguardo, lo sguardo stesso della madre o il suo indicare al fine di condividere con lei l’ interesse per il mondo esterno.
3. Dai primi suoni al gesto
All’interno degli scambi comunicativi con l’adulto il bambino comincia ad emettere i primi suoni consonantici e poi sillabici, che vengono ripetuti più volte producendo così suoni simili alle parole. In questo stesso periodo si sviluppa una prima comprensione del linguaggio verbale e il piccolo inizia a comprendere le parole ed ad utilizzare segnali comunicativi fondamentali quali i gesti deittici e referenziali.
I gesti deittici (indicare, mostrare, offrire, dare) esprimono un’ intenzione comunicativa e si riferiscono ad un oggetto o evento esterno, che si ricava esclusivamente dal contesto. Essi possono essere utilizzati con intenzione richiestiva, chiedendo quindi l’intervento dell’adulto, o con intenzione dichiarativa, condividendo con l’adulto l’interesse per un evento esterno. Successivamente compaiono i gesti referenziali che nascono in routine sociali o di giochi con l’adulto e vengono appresi per imitazione: il bambino apre e chiude la manina per salutare, muove la testa per dire si o no. Con il tempo impara a generalizzare queste sequenze ed utilizzarle con un’intenzione comunicativa (per esempio salutare chi arriva o va via). Anche le prime parole sono inizialmente molto legate al contesto ed a situazioni specifiche e solo successivamente vengono generalizzate in più occasioni.
4. Dalle parole alla frase
In seguito la comunicazione procederà su due modalità correlate, gesti referenziali, rappresentativi e parole, che sono il risultato di momenti di condivisione di esperienze ed interazione con l’adulto. Il bambino inizia ad utilizzare le prime parole accompagnate da gesti ed alla combinazione di più parole con una vera e propria esplosione del vocabolario, assistendo così alla comparsa delle prime frasi e via via ad una progressiva efficienza sul piano lessicale, grammaticale e sintattico.
Dott.ssa Francesca Zaza Dott.ssa Claudia Mandarino
Psicologa – Psicoterapeuta Logopedista