(DIRE – Notiziario Sanità) Roma, 14 mag. – “Molti bambini si difendono adottando una compensazione comportamentale. Possiamo vederlo se evitiamo letture superficiali che inducono un’archiviazione della patologia”. Da questa constatazione è partito il lavoro di Emanuele Trapolino, dirigente medico di primo livello presso l’Unità operativa complessa di Neuropsichiatria infantile dell’Ospedale pediatrico Giovanni di Cristina (ARNAS Civico – Di Cristina) e direttore dell’Unità operativa semplice di Neurologia neonatale ad essa afferente, che giovedì al convegno Sinpia di Palermo introdurrà la sessione di lavoro dedicata a ‘Le variabili dello sviluppo neuropsichico fra normalità e patologia nella fascia 0-3′.
“Subiamo spesso la regola della classificazione della patologia senza curarci correttamente dell’interpretazione di quello che apparentemente ‘sembra’ una patologia- spiega il medico- ma che risulta invece una modalità di adattamento a contesti disadattivi. La scommessa è tentare di capire perché il bambino si comporti in quel modo, qual è la causa, la motivazione, l’obiettivo e l’esito, che non deve essere statico”. I bambini affetti da disturbo della regolazione della processazione sensoriale hanno “una incapacità a processare lo stimolo esterno senza poterlo acquisire come strumento di apprendimento. Abbiamo valutato come funzionano queste aree, come l’intervento abilitativo possa essere utile e come il caregiving sia determinante per migliorare”.
CAPACITA’ DI RIMODULARSI – Il neuropsichiatra si occupa soprattutto di bambini al di sotto dei 3 anni, della prematurità alta e bassa. Nel lavoro di ricerca “abbiamo cercato di capire come aumentare i livelli di connettività funzionale in aree biologiche un tantino immature, e per farlo abbiamo valutato le traiettorie di sviluppo dei bambini che possono essere modificate aldilà di quella che è la neurobiologia. Questi piccoli hanno una base neurobiologica di cui bisogna tener conto, ma hanno la ripartenza e la capacità di rimodularsi rispetto ai contesti in cui si muovono”. L’obiettivo della ricerca, condotta insieme alla neuropsichiatra infantile e collaboratrice Elena Vanadia, è di sviluppare “un protocollo che si è sempre occupato di indicatori precoci di sviluppo patologico e anormale, per arrivare a identificare dei costrutti intermedi tra il disturbo finale e la base iniziale della neurobiologia nei momenti di transito, che nei piccoli sono legittime e testimonianza di scelte comportamentali e fisiologiche rispetto a dei contesti difficili”.
L’OBIETTIVO DELLA RICERCA- “Ritagliare sul bambino una psichiatria che non voglia catalogarlo dentro un’etichetta diagnostica, ma rispettare la sua soggettività, la sua trasformabilità, potenzialità e necessità di avere qualcuno che sappia interpretare la deficitarietà, attivando un percorso terapeutico educativo comprensibile, legittimo e fruibile. Oggi il grande limite- spiega Trapolino- è che sono proposti servizi prolungati nel tempo, costosi e confusi”.
LE DIATRIBE TRA PSICOLOGIA E PSICHIATRIA: “Non c’è antinomia tra psicoterapia e psichiatria. A me è più vicino un approccio psicodinamico, che mi permette di avvicinarmi al bambino come ad una persona che sta al mondo piuttosto che come ad un malato a cui dare un farmaco. Non possiamo non considerare le strategie interpretative e l’approccio evolutivo. Io propendo per una neuropsichiatra che prediliga la normalità- ribadisce il direttore- invece si guarda a una apparente normalità che esiste in cornici patologiche non riconoscendo la vulnerabilità. Ma il vulnerabile è il bimbo che ha una reattività esagerata”.
LE SFIDE DELLA PSCICHIATRIA OGGI – “La nostra scommessa oggi è identificare gli endofenotipi, le strutture neuropsicologiche transitorie il cui riconoscimento permette un corretto approccio al disturbo e una corretta pratica assistenziale. Riconoscere la disfunzione specifica significa risolvere tutta una serie di problemi connessi, come l’assenza della rappresentatività mentale, il deficit di attenzione o il comportamento disfunzionale che un bambino con Adhd manifesta. Vogliamo osservare il bimbo nella sua disponibilità e comprensione dell’evoluzione, restituendo alla famiglia qualcosa di comprensibile, al bambino qualcosa di accessibile e al contesto qualcosa di fruibile”. Questo discorso è attivo a Pisa, Firenze e Palermo. “Noi sposiamo la tesi della intenzionalità del bambino- spiega il neuropsichiatra infantile- la motivazione del bambino che interagisce col mondo e impara a riconoscere l’altro”. La neuropsichiatria oggi deve “recuperare conoscenze, potenziare le competenze degli strumenti interattivi, fare mente locale e rientrare nella dimensione della neuropsichiatria classica: osservare giudiziosamente il minore nelle difficoltà e nelle potenzialità. Partire dal bambino- conclude- per tornare al bambino, rispettando quello che non abbiamo catalogato”.
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