Gravidanza
La nascita di un bambino, o il suo arrivo in caso di adozione, possono essere considerati tra gli eventi più complessi che un individuo possa vivere.
Da entrambi i punti di vista, quello del bambino che viene accolto e quello dei genitori che lo accolgono, la nascita comporta un’ esperienza unica, della quale non è possibile parlare senza toccare due grandi temi ad essa strettamente legati: il cambiamento e la separazione.
Nell’entrare a far parte della diade genitoriale, infatti, il bambino si inserisce in un ambiente che ha già una sua storia e un suo passato, fatto di relazioni e rapporti che necessariamente dovranno riorganizzarsi per fargli spazio.
La coppia coniugale diventa coppia genitoriale: la moglie acquisisce il ruolo di madre, il marito quello di padre; per quanto possa sembrare una banalità questa assunzione di ruoli non lo è. Non a caso oggi, sempre più spesso, si sente parlare di coppie che si allontanano proprio subito dopo l’arrivo di un figlio, di uomini che si sentono relegati ad un ruolo di subordinazione e donne che vivono con i sentimenti più diversi l’essere assorbite dai nuovi compiti che l’essere madre comporta.
Il cambiamento implicito nell’arrivo di un bambino incide dunque a più livelli: sulla donna e l’uomo come individui, sulla coppia coniugale, sull’intero sistema familiare.
Non c’è da sorprendersi se l’evento arriva a costituire un vero e proprio stravolgimento nella vita di chiunque!
Il tema del cambiamento incide sulla vita della donna in gravidanza ancor prima dell’arrivo del proprio piccolo: nausee, voglie, sbalzi d’umore e, successivamente, il corpo che si trasforma per fare spazio alla vita che cresce, questi sono soltanto alcuni degli eventi che interferiscono, in modo più o meno funzionale, nella vita della neo mamma. Per i papà, invece, spesso il cambiamento più grande arriva con il parto. Questo momento comporterà per entrambi il dover rinunciare, almeno temporaneamente, alle proprie abitudini e ritmi di vita per adattarsi ai bisogni del bambino, bisogni che richiedono nei primi mesi un’attenzione pressocchè costante.
La possibilità di rispondere a tali bisogni si sviluppa anche grazie all’attivarsi nella madre, già negli ultimi mesi della gravidanza, di uno stato psicologico chiamato da D. Winnicott “preoccupazione materna primaria”, che le consente di “regredire” quanto basta per potersi identificare con il proprio bambino ed essere ricettiva rispetto ai suoi bisogni. Questo le consentirà, per il tempo necessario, di mettere da parte gli interessi e le attività che l’avevano coinvolta fino a quel momento per dirigere le proprie energie e risorse sul bambino, avvicinandosi a quest’ultimo con empatia, calore ed attenzione.
LA NASCITA
Il momento del parto costituisce sia per la madre che per il neonato la prima, più importante, separazione.
Vista dalla prospettiva del bambino, questa separazione significa allontanarsi per sempre e in modo piuttosto repentino dall’ambiente uterino, che sino a quel momento lo ha accolto, cresciuto e protetto, per essere immerso in un mondo di stimolazioni sensoriali e corporee completamente sconosciute. Custodito nel grembo materno, infatti, il bambino non conosce né fame né freddo e vive in una condizione di benessere nella quale qualunque stimolo risulta attutito proprio per il fatto di giungere in qualche modo già filtrato ed “elaborato” dal corpo della madre.
Per la madre, questa separazione comporta un cambiamento che si estende dal piano corporeo a quello relazionale e che spesso può portarla a vivere sentimenti contrastanti, di grande gioia, ma anche di grande smarrimento.
Se tutto procede per il meglio, dopo un’attesa durata 9 mesi, genitori e figlio possono finalmente incontrarsi.
Ma siamo certi che quello che avviene subito dopo il parto sia davvero il primo incontro?
Per quel che concerne ciò che la vista, il tatto, l’olfatto dei neo genitori hanno potuto sperimentare sino a quel momento probabilmente si; ma per quanto riguarda ciò che la loro mente ha potuto immaginare, fantasticare e desiderare allora la situazione è molto diversa.
Al di là del concepimento biologico, infatti, vi è un “concepimento affettivo” che nasce e matura di pari passo con la capacità dei genitori di poter immaginare e immaginarsi tali.
A cominciare dai primi maldestri tentativi di indovinare il sesso del nascituro, per passare alle varie ipotesi circa il colore degli occhi, dei capelli, la forma del naso e i vari attributi caratteriali che sembrano a volte già così evidenti prima ancora della nascita, il momento del parto costituisce anche quello nel quale l’immagine reale del bambino si confronta con quella costruita nella mente dei neo genitori fino a quell’istante. Allo stesso modo, l’immagine mentale che essi si erano costruiti del loro essere genitori dovrà confrontarsi con il loro essere genitori “reali”.
Queste due immagini possono divergere molto o poco tra loro, ma, in entrambi i casi, una cosa è certa: da questo istante in poi i genitori dovranno mettersi in relazione con un individuo unico, nuovo, per lo più sconosciuto, che impareranno solo con il tempo a conoscere e capire. Lo stesso vale per il bambino. Né i primi né il secondo sanno ancora realmente cosa aspettarsi dall’altro.
Nel momento in cui ci si ritrova tra le braccia questa “nuova vita”, quindi, le emozioni e i vissuti che abitano la mente e il corpo sono eccezionalmente profondi e tra l’entusiasmo e la preoccupazione comincia a farsi strada il primo passo per la costruzione del legame.
I primi mesi di vita costituiscono, probabilmente, la fase più intensa di questa nuova conoscenza: i genitori imparano a capire cosa piace e non piace al proprio bambino e quest’ultimo impara che c’è qualcuno capace di rispondere ai propri bisogni. Grazie a loro il bambino potrà, con il tempo, sentire il mondo come un posto piacevole nel quale vivere e i genitori come una base sicura alla quale tornare tutte le volte che ne sentirà la necessità.
Ci sono alcune condizioni che rendono il compito dei genitori più semplice:
- la presenza di un ambiente che sappia sostenere la mamma nei primi mesi dopo il parto senza risultare né eccessivamente intrusivo, né eccessivamente distante e che sappia facilitare la percezione di fiducia che ella deve poter mantenere in sé;
- l’assenza di interferenze (lutti, separazioni, malattie) che incidono per forza di cose sulla serenità e il benessere della famiglia;
- la presenza di un bambino che risponda con sollecitudine alle stimolazioni esterne: perché è vero che è importante assicurare ai bambini un ambiente esterno facilitante, ma è anche altrettanto importante per un genitore sentire che il bambino dimostra il proprio attaccamento nei suoi confronti.
Queste condizioni, in parte, vengono a formarsi spontaneamente in seguito alla nascita, in parte, invece, i genitori stessi si sforzano di fare il possibile per rendere, già nei mesi precedenti al parto, questa esperienza serena e gioiosa sia per loro che per il loro bambino. Nonostante questo, è importante ricordare, però, che è impensabile poter tenere sotto controllo tutti gli eventi che potrebbero incidere, in modo più o meno funzionale, su questa fase della vita e che anche quelle situazioni che si pensa potrebbero condizionare il modo negativo la serenità del nucleo familiare possono tradursi, con il tempo, in esperienze che contribuiscono a fortificare il legame.
Dott.ssa Francesca Zaza
Psicologa – Psicoterapeuta