“Ciò che muove il bambino all’attività è un impulso interiore primitivo, quasi un vago senso di fame interna, ed è la soddisfazione di questa fame che lo conduce a poco a poco ad un complesso e ripetuto esercizio dell’intelligenza nel comparare, giudicare, decidere una atto, correggere un errore.” (M. Montessori).
I Disturbi dell’ apprendimento, o “Disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche”, vengono diagnosticati quando sussistono difficoltà rilevanti nell’acquisizione delle abilità scolastiche che interferiscono in maniera significativa sui risultati didattici e sulle attività della vita quotidiana che richiedono tali competenze.
Nel DSM-IV-TR, vengono così classificati:
“Luca è un bambino di 7 anni che frequenta l’inizio della 2° elementare. Legge molto lentamente, producendo diverse pause, confonde le lettere che sono visivamente simili (“d-b”; “q-p”), omette le sillabe e di tanto in tanto salta qualche linea. Inoltre vive drammaticamente il momento della lettura in classe, rifiutando di leggere nonostante l’esortazione dell’insegnante.”
Luca presenta una difficoltà nell’identificare in modo automatico la parola scritta. La diagnosi di dislessia dovrebbe coincidere con il completamento della 2° elementare; tuttavia è importante sottolineare che in presenza di altri specifici indicatori diagnostici, come un pregresso Disturbo Specifico del Linguaggio, può essere necessario, eseguire una valutazione già alla fine del 1° anno della scuola primaria.
“Matteo è un bambino di 8 anni, che frequenta la 3° elementare. Impiega molto tempo nel portare a termine i compiti di matematica. Presenta grandi difficoltà nel ripetere le diverse tabelline, aiutandosi con le dita e/o necessitando del suggerimento dell’adulto. Non riesce ad eseguire semplici calcoli entro la decina e a mettere in ordine di grandezza i numeri.”
La Discalculia o Disturbo delle abilità aritmetiche, è caratterizzata da difficoltà nell’automatizzare le competenze quali: contare, ordinare i numeri per grandezza, leggere, scrivere e ripetere i numeri, memorizzare le tabelline ed eseguire calcoli a mente. L’età minima per porre la diagnosi di Discalculia coincide con la fine del 3° anno della scuola primaria. In alcuni casi possono evidenziarsi delle difficoltà già a partire dal 2° anno, per esempio il bambino può presentare qualche difficoltà nel conteggio, nel riordino dei numeri e nell’eseguire calcoli semplici entro la decina. In situazioni come quelle appena descritte può essere opportuno anticipare la valutazione al fine di indagare nello specifico le difficoltà esistenti.
“Laura ha 8 anni, frequenta la fine della 2° elementare ed ha un pregresso ritardo di linguaggio. Nei compiti di dettato, rimane sempre indietro, non riesce mai a terminare il compito con i suoi compagni, spesso l’insegnante deve fermarsi per fare in modo che anche Laura riesca a stare al passo con la classe. Durante la scrittura commette diversi errori: scambio di grafemi che sono simili al livello percettivo (/d/-/t/; /f/-/v/) o che hanno lo stesso suono (scuola-squola), omissioni o aggiunta di lettere (/h/; /l/) e separazioni illegali (parlo-par lo).”
“Michele è un bambino di 9 anni, che frequenta la fine della 4° elementare. Nei compiti di scrittura, il bambino ha difficoltà a rispettare gli spazi tra il foglio, il tratto è tremolante, incerto, la pressione è incostante, quindi la produzione grafica è più marcata in alcun punti e meno in altri. La difficoltà presentata rende spesso il testo incomprensibile.”
Come evidenziato dagli esempi, in questo quadro diagnostico è possibile osservare difficoltà a carico della scrittura che risulta indecifrabile, o difficile da interpretare, caratterizzata da discontinuità nel gesto e ripetute correzioni del segno grafico (Disgrafia), oppure da incapacità di automatizzare le regole sintattico – grammaticali (Disortografia).
Prima di fare una diagnosi di Disturbo dell’ apprendimento è necessario che il professionista abbia escluso una serie di componenti legate a deficit di tipo:
La prestazione inoltre deve essere inferiore rispetto all’età cronologica del soggetto che ha ricevuto un’ adeguata istruzione.
Già al termine del primo anno di scolarità, possono essere segnalati ai genitori i bambini che presentano una o più delle seguenti caratteristiche:
Prima di parlare dei Disturbi dell’apprendimento è necessario affrontare il tema dell’apprendimento in sé.
Apprendere infatti è una funzione del crescere. In condizioni ottimali il bambino piccolo che comincia a gattonare e successivamente a camminare, esercitando queste funzioni motorie, esplora l’ambiente sviluppando un naturale senso di curiosità per il mondo esterno, un mondo legato alla famiglia nei primi anni di vita che si estenderà gradualmente al sociale con l’ingresso prima nella scuola dell’infanzia e poi nella scuola primaria. Un bambino sereno che ha potuto sviluppare un senso di fiducia nell’ambiente esterno sentirà che il mondo è un posto in grado di fornirgli esperienze (cognitive, sensoriali, emotive) sufficientemente buone. Nei casi in cui lo sviluppo emozionale primario avrà avuto un decorso favorevole egli avrà anche potuto introiettare una base sicura e sarà quindi in grado di vivere le separazioni dalle proprie figure di riferimento senza una dose eccessiva di ansia e angoscia. L’esplorazione e l’utilizzo delle funzioni percettive e motorie gli avranno consentito di sviluppare una naturale predisposizione verso tutto ciò che il mondo ha da offrirgli: è questa la condizione necessaria affinché possa svilupparsi la motivazione ad apprendere.
L’apprendimento dovrebbe accompagnare un bisogno naturale della crescita e non costituire esclusivamente uno sforzo mentale.
La fase diagnostica è quindi fondamentale per discriminare tra disturbi appartenenti ad aree differenti ed impostare un progetto terapeutico che risponda alle esigenze del bambino inteso sia nella sua globalità che specificità.
Conferire il giusto significato alle manifestazioni di disagio espresse dai bambini permette di evitare l’attivazione di un circuito di incomprensione e sofferenza.
La comparsa di una difficoltà inattesa, infatti, genera spesso sconforto tra gli adulti e frustrazione e disorientamento nel bambino. Comincia così un lungo calvario. L’insegnante che si interroga sull’impegno del bambino, sulle sue condizioni familiari, a volte lamentando disinteresse e problemi comportamentali in classe dovuti al rifiuto di svolgere le attività didattiche. I genitori, a loro volta, possono attribuire le difficoltà a scarsa motivazione, svogliatezza e pigrizia. Di conseguenza il bambino inizia a dubitare delle sue capacità. Per reagire a queste difficoltà egli può mettere in atto strategie diverse, manifestando disturbi somatici al momento di andare a scuola, rifiutando di svolgere le attività e sottraendosi aggressivamente alle richieste. Spesso i bambini si convincono di non essere intelligenti e capaci come gli altri.
La presa in carico precoce permette di evitare tutto ciò e di interpretare i comportamenti del bambino in un’ ottica che sia funzionale al recupero delle difficoltà e che potenzi le risorse presenti.
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