Roma, 17 lug. – “È cambiato il concetto delle forme di maltrattamento, prima bisognava dividere a scopo didattico il maltrattamento fisico e l’abuso sessuale. Oggi non si parla piu’ di maltrattamento singolo, ma di eventi avversi vissuti nell’infanzia ( Adverse Childhood Experiences – ACE), che lasciano segni che non sono solamente ‘problematiche di natura psicologica’”. Lo dice Pietro Ferrara, professore dell’Universita’ Cattolica del Sacro Cuore e dell’Universita’ Campus Biomedico di Roma, nonche’ referente nazionale della Societa’ italiana di pediatria (Sip) sul tema abusi e maltrattamenti, intervenuto al via della campagna ‘Abbattiamo il muro del silenzio’ di Save the Children.
“La ripetitivita’ delle violenze provoca dal punto di vista biochimico delle alterazioni che poi causano segnali e modifiche organiche: si riducono alcune parti del cervello e se ne attivano altre”. Per questo motivo va “attenzionato il cambio del comportamento, che dipende anche da modifiche anatomiche”.
Per aiutare i bambini vittime di violenze, Ferrara suggerisce di far attenzione e un avverbio e ad un sostantivo. “L’avverbio che ci deve accompagnare e’ ‘improvvisamente’. Quando vediamo che nei nostri figli si verificano delle modifiche improvvisamente: ci deve far riflettere l’aggressivita’, il non voler andare a scuola, il perdere delle acquisizioni (riprendono a bagnare la notte, perdono feci), avere un atteggiamento differente in maniera improvvisa. Ci deve accompagnare la parola dialogo, collaborazione, perche’ non esiste salute senza salute mentale e non possiamo piu’ tollerare che eventi di questo tipo ci portino ad intervenire solo con una prevenzione terziaria che contiene le conseguenze. Noi dobbiamo mirare- conclude Ferrrara- quantomeno ad una prevenzione secondaria per evitare che ci siano complicanze. Lo scopo principale e’ lavorare, intercettare precocemente e decodificare i segnali”.
FONTE ORIGINALE: http://www.dire.it/newsletter/psicologia/anno/2018/luglio/17/?news=14